È meno complicato esportare vini in Gran Bretagna


Il Regno Unito ha deciso di semplificare gli oneri burocratici relativi all’importazione di vini, che in totale ammonta a oltre 4 miliardi di euro l’anno, di cui circa la metà in arrivo dagli Stati membri della Ue. Con la decisione annunciata nei giorni scorsi dal governo britannico - spiega Confagricoltura - a partire dal 2022 viene in particolare soppresso l’obbligo di presentazione del certificato VI-1 per i prodotti in arrivo dai Paesi terzi. Sulla base della normativa in vigore, il rilascio del certificato richiede lo svolgimento di complesse analisi di laboratorio.
Secondo i dati diffusi dal governo di Londra, gli oneri amministrativi determinano un costo di circa 140 milioni di euro l’anno che si scarica su quello finale dei prodotti in arrivo dall’estero.
“La semplificazione amministrativa facilita anche l’attività delle nostre imprese che esportano sul mercato britannico e la possibile riduzione del prezzo finale può far salire ulteriormente il consumo dei vini italiani”, ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti.
Con un fatturato annuale nell’ordine di 800 milioni di euro, il Regno Unito è il terzo mercato di sbocco per i vini Made in Italy: oltre il 12% sul totale delle esportazioni. I consumatori britannici, in dettaglio, acquistano 2,6 milioni di ettolitri di vini italiani.
Stando ai dati della Commissione europea, le esportazioni agroalimentari dell’Unione sul mercato britannico sono diminuite del 6% - circa 800 milioni di euro in valore assoluto - da gennaio ad aprile di quest’anno sullo stesso periodo del 2020. Per i vini, invece, si è registrato un incremento di 140 milioni.