Il 9 luglio scorso è scaduta la sospensione dei dazi decisa da Donald Trump e, se non si troverà un nuovo accordo, il 1° agosto l’Europa subirà penalizzazioni commerciali significative, soprattutto per il settore agroalimentare.
L'Ue ha ricevuto da qualche giorno la lettera inviata dagli Stati Uniti che fissa il livello dei dazi e continua a negoziare, nonostante i contorni del quadro non siano ben definiti.
La certezza è che i fronti per cui Bruxelles sta elaborando una risposta sono due: l'agroalimentare e l'industria pesante. I contro-dazi sui beni di consumo alimentare colpirebbero prodotti made in USA per circa 6,3 miliardi di euro: frutta, ortaggi, conserve, carni fresche e trasformate, bevande alcoliche (vino, birra, distillati), dolci, spezie, tabacco, succhi e sciroppi. Il comparto ittico da solo ha un valore di 510 milioni e include salmone, crostacei e merluzzo dell'Alaska.
“In un contesto macroeconomico particolarmente delicato, il rischio di instabilità geopolitica e di nuove tensioni internazionali a livello commerciale pesa in modo significativo sul settore agricolo nazionale, che già sta affrontando le sfide legate al cambiamento climatico e alla transizione ecologica. A questo si aggiungono la crescente minaccia di disastri naturali e fenomeni meteorologici estremi ogni anno più frequenti, e un quadro normativo sempre più complesso e impattante - afferma Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte. – A pagarne le conseguenze, a cascata, è anche il consumatore, che appare sempre più disorientato e spesso fatica a comprendere fino in fondo cosa stia realmente accadendo”.
Rammenta Confagricoltura Piemonte che nel 2024, le esportazioni agroalimentari italiane sono aumentate del 7,5% rispetto al 2023, sfiorando il record di 70 miliardi di euro.
Il vino si conferma il prodotto leader dell’export, con oltre 8 miliardi di euro, in crescita del 5,5% sul 2023. L’olio d’oliva continua a crescere soprattutto grazie alla domanda in Nord America e Asia, superando 3 miliardi di euro nel 2024. Il comparto dell’ortofrutta fresca e trasformata è in forte espansione, con oltre 12 miliardi di euro di export. La pasta ha sfiorato i 3 miliardi di euro, in crescita del 3,8% nel 2024.
La questione poi è più complessa di quanto appare: “C’è da considerare – evidenzia Allasia – che se da un lato i dazi penalizzeranno i volumi di vendita, dall’altro anche l’andamento del tasso di cambio dollaro-euro potrà gravare sulle imprese, incidendo sulla competitività dei prodotti europei esportati. Diminuirà infatti il valore in euro delle vendite e, quindi, anche i margini di guadagno”.
Alla luce di questi dati, quali soluzioni negoziali identificare e come diversificare i mercati di sbocco per il made in Italy alimentare?
Occorre che il lavoro diplomatico dell’UE porti ad un accordo ragionevole, evitando però compromessi che sarebbero ancor più dannosi dal punto di vista economico. La semplificazione degli accordi di libero scambio, la riduzione di quelli non doganali, quella delle clausole di reciprocità e delle protezioni sui nostri marchi di qualità, se possono apparire come una conveniente merce di scambio per un abbattimento immediato dei dazi, sul medio-lungo periodo rischiano però di essere ancora più dannosi di una tariffa doganale aumentata.
“In un contesto instabile come quello attuale – conclude Allasia - non possiamo però solo affidarci alla politica. Gli imprenditori piemontesi, con le capacità e la tenacia che da sempre li distinguono, devono puntare anche a nuovi mercati, con un rafforzamento dei canali di distribuzione e strategie di marketing mirate a valorizzare prodotti, qualità e territorio, una via indicata e sostenuta anche dalla nostra Regione, che in quest’ottica ha recentemente introdotto e promosso il marchio “Piemont Is”. Non dimentichiamoci che tutto l’export europeo sarà in difficoltà, la competizione diventerà quindi sempre più serrata, sta a noi dimostrarci all’altezza della sfida”.