Peste suina, rafforzata la vigilanza


Il direttore generale della Direzione Generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della salute Pierdavide Lecchini, intervenendo in Commissione Igiene e Sanità del Senato sui recenti casi di peste suina africana ha affermato che “dal punto di vista del trattamento possibile non disponiamo di un vaccino. La Peste suina africana ha un vasto potenziale di diffusione grazie alla notevole capacità di resistenza nell’ambiente esterno, per cui la sua presenza sul territorio comporta pesanti ripercussioni con danni ingenti sia per la salute animale che per il comparto suinicolo e il commercio internazionale. Nei Paesi indenni – ha aggiunto Lecchini - la prevenzione dell’infezione si effettua attraverso la sorveglianza passiva degli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute, nonché tramite il rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti e il controllo dei prodotti importati e il corretto smaltimento dei rifiuti alimentari. Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri presenti nell’allevamento infetto. Fondamentale è l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia e la delimitazione tempestiva delle zone infette, oltre al controllo e tracciamento dei suini e alle operazione di pulizia e disinfezione”.
In Italia fino ad oggi la malattia era presente dal 1978 in Sardegna, dove negli ultimi anni si registra un netto miglioramento della situazione epidemiologica. Per questo dal 2020 è in vigore il piano di sorveglianza nazionale e di eradicazione in regione Sardegna della malattia.
“Vi è dunque un piano di controllo e sorveglianza della malattia a livello nazionale ed un piano specifico di sorveglianza per la Sardegna.
È utile precisare che il profilo genetico del virus isolato e trovato nelle recenti carcasse mostra somiglianza genetica con quello circolante in Europa, mentre è completamente diverso da quello circolante in Sardegna.
La zona infetta attualmente include 80 comuni in Piemonte e 37 in Liguria. La decisione esecutiva della commissione europea pubblicata il 17 gennaio include questo ambito territoriale”, ha aggiunto Lecchini.
“La distanza tra i siti di ritrovamento delle tre carcasse iniziali fa supporre che la malattia sia già abbastanza diffusa e pertanto si rendono necessarie misure rigorose per limitarne l’ulteriore diffusione. Le regioni limitrofe, Lombardia ed Emilia Romagna, rappresentano il fulcro dell’intera produzione suinicola nazionale, col rischio dunque di gravi danni per l’intera produzione.
Il gruppo operativo degli esperti ha proposto l’applicazione del divieto di caccia e di altre attività all’aperto nelle zone infette ed è stata approvata dall’Unità centrale di crisi tenutasi il 10 gennaio scorso.
Al momento alcuni Paesi terzi hanno già comunicato il blocco delle importazioni di prodotti a base di carne suina dall’Italia: Taiwan, Giappone, Cina, Serbia, Cuba e Brasile. Al momento non c’è alcun blocco invece da USA e Canada.
In attesa dell’evoluzione della situazione la direzione generale sicurezza alimentare e nutrizione ha chiesto alle regioni di sospendere le certificazioni sanitarie di carne suina macellata e prodotti a base di carne suina qualora questi siano destinati a paesi terzi coi quali sussiste un accordo sanitario che prevede l’indennità del territorio nazionale per peste suina nazionale”, ha dichiarato Lecchini.
“Le misure sono distinte in misure da applicarsi nella zona infetta, nell’area confinante per una superficie di 10 km e per il restante territorio nazionale. Nel dispositivo sono definiti anche i flussi informativi al fine di consentire il costante monitoraggio del fronte epidemico e la verifica delle misure adottate.
Tra le misure nella zona infetta troviamo il divieto di attività venatoria, la ricerca trova delle carcasse, la gestione e smaltimento delle carcasse, il divieto di movimentazione di carne e prodotti a base di carne. C’è poi il censimento delle attività per i suini detenuti, la macellazione immediata per i suini detenuti negli allevamenti bradi, semi bradi o familiari, l’esecuzione virologica dei suini deceduti.
Nel territorio confinante per 10 km si predispone un rafforzamento della sorveglianza, la regolamentazione dell’attività venatoria, il censimento degli stabilimenti, i divieti di movimentazione, i controlli virologici degli animali deceduti, il rafforzamento delle misure di bio sicurezza degli allevamenti e la macellazione tempestiva dei suini detenuti negli allevamenti familiari.
Riguardo al territorio nazionale c’è un censimento già in atto, il divieto di movimentazione dei cinghiali catturati presenti in aree protette, la verifica dei livelli di bio sicurezza degli allevamenti.
La commissione europea ha adottato il 17 gennaio una decisione esecutiva specifica per l’Italia in cui si stabilisce che tutte le misure specifiche stabilite dai regolamenti di salute animale dell’Ue e dalle decisioni applicative successive vengono applicati nei territori della zona infetta.
Tutta l’attenzione è posta nell’evitare la possibile migrazione del virus dal selvatico al domestico. Questo implicherebbe un assoluto blocco delle esportazioni, attualmente riusciamo a gestire le relazioni coi nostri partner perché la diffusione della malattia è sotto controllo”, ha concluso Lecchini.